Come tutte le arti, anche l'Arte Campanaria ha le sue peculiarità:
- fonda le sue radici nella STORIA, nell'antichità, fin da quando si capì che percuotere il metallo genera un suono che dipende dalla forma e dalle dimensioni del metallo stesso;
- si sviluppa in diversi modi e con diversi scopi, portando all'invenzione di diversi SISTEMI DI SUONO, qui si riporta in particolare quello Ambrosiano;
- ha le sue composizioni, le sue melodie, organizzate in SUONATE che vanno preparate ed eseguite secondo delle regole e cadenze precise;
- e infine ha i suoi autori, i FONDITORI
Le campane, presenti come strumenti idiofoni già dall’VIII secolo a.C. in Cina, assumono fin da subito una funzione religiosa o vengono utilizzate come amuleti apotropaici contro le entità maligne.
Nel libro dell’Esodo, nella descrizione degli abiti sacerdotali di Aronne, ritroviamo la presenza di sonagli d’oro.
Tra i romani abbiamo campanelli (tintinnabula) che segnalavano l’apertura delle terme e del mercato o il passaggio di cortei sacri. Numerosi ritrovamenti nelle catacombe attestano l’uso di questi sonagli anche tra i primi cristiani.
Secondo la tradizione l’uso liturgico della campana viene promosso dal vescovo Paolino da Nola, fatto comprovato anche da una lettera della fine del V secolo del diacono Ferrandus di Cartagine all’abate Eugippius, dove scrive dei monaci campani convocati agli uffici divini mediante una campana sonora.
E’ interessante segnalare l’origine del termine “campana”, proveniente appunto dalla regione campana dove abili fonditori di bronzo creavano oggetti e vasi in questo materiale, i “vasa campanae” (vasi della Campania).
Già nel VII secolo le campane sono diffuse in Italia, Gallia e Britannia ad uso liturgico.
Dopo questa breve introduzione generale portiamo l’attenzione più nello specifico locale.
L’importante presenza delle campane nella vita della Milano del XIV secolo ci viene riportata da Bonvesin da la Riva, una delle massime figure culturali dell’epoca, nella sua opera “De magnalibus Mediolani” in cui segnala la presenza in città di circa centoventi campanili e più di duecento campane.
Presenza non solo per uso religioso ma anche prettamente civile. Nel 1263 il podestà Zavattaro della Strada fa fondere una campana civica chiamata poi in suo onore “la Zavattara” e nel 1274 anche la Credenza, il consilium communis, si dota di una campana per chiamare i consoli milanesi in assemblea.
Tra gli esemplari di campane antiche giunti fino a noi sono degni di nota quella fusa nel 1352 da Ambrosius de Colderariis, detta il “Campanone”, ora conservata presso il Museo del Risorgimento e la campana della torre della Ciribiciaccola, fusa nel 1453 da Glaudio da San Martino.
Nel 1576, il concilio provinciale milanese IV dà disposizioni affinchè ogni chiesa parrocchiale abbia tre o almeno due campane, mentre le chiese minori e gli oratori una sola campana, seguendo una norma già fissata da papa Giovanni XXII nel XIV secolo.
A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo si colloca l’evento più importante per la storia campanaria milanese, la nascita del sistema di suono ambrosiano.
Alle campane, già di notevoli dimensioni e molto contrappesate per renderne il suono a dondolio più agevole, viene applicata una ruota perpendicolare ai perni di rotazione in cui scorre più comodamente la corda. L’aggiunta di un fermo e di una molla a balestra ha permesso di poter portare le campane in posizione “a bicchiere” e di poterne cadenzare le discese, andando a creare una vera e propria prassi musicale che consente di creare intrecci di suono mai uditi prima.
Il più antico ed importante concerto di campane montate all’ambrosiana oggi presente è quello della Basilica di S. Ambrogio, composto da 5 campane in Do3 fuse dal milanese Bartolomeo Bozzi nel 1755.
Nel 1798, durante la Repubblica Cisalpina, il Commissario del potere esecutivo presso il dipartimento dell’Olona redige il primo inventario a tappeto di tutte le campane presenti sui campanili di Milano. Ne risultano 283, alcune delle quali poi requisite e vendute all’asta.
Nell’ottocento la qualità musicale delle campane prodotte in area lombarda raggiunge i massimi livelli e si pone in posizione di tutto rispetto nei confronti di quella nazionale. Nomi di famiglie di fonditori come i Bizzozero di Varese, i Crespi di Crema, i Comerio di Malnate e Milano, i Barigozzi di Milano, i Pruneri di Grosio ed altri, rimangono tutt’oggi su diversi campanili a testimonianza dell’abilità raggiunta nell’arte fusoria.
Nel 1942 viene emanata una legge governativa che impone il sequestro delle campane al fine di riutilizzarne il metallo per scopi bellici. Purtroppo la diocesi di Milano subisce una pesante perdita di bronzi storici, seconda per mole solo alla diocesi di Bergamo, con oltre 700 campane andate distrutte e conseguenti concerti smembrati. Nel dopoguerra si provvede al rimpiazzo delle campane, molte volte rifondendo interamente i concerti a discapito delle campane storiche rimaste. Questa è una ragione in più per conoscere, conservare e tutelare il patrimonio campanario storico lasciatoci.
Le campane, strumenti di pace, non furono mai indenne ai disastri delle guerre.
Il Regio Decreto n° 505 del 23 aprile 1942 impose il sequestro delle campane degli edifici di culto per ricavarne bronzo a fini bellici, dal 17 luglio con avviso presso la Curia del Sottosegretario di Stato per le fabbricazioni di guerra si diede l’inizio effettivo ai sequestri gestiti dall’Endirot, l’Ente Distribuzioni Rottami, che incaricò le diverse fonderie di campane di provvedere in prima persona al sequestro.
La requisizione doveva comprendere la metà dei bronzi presenti sui campanili, esclusi i santuari e le cattedrali, assicurando cosÌ un servizio religioso minimo ai campanili rimasti monchi.
La Curia raccomandò i parroci di rilevare nota, misure, scritte e fregi affinchè si potesse provvedere un domani alle rifusioni.
Agli orrori sui fronti di guerra si affiancarono nei paesi i concerti campanari mutilati, monito per i civili dei luttuosi eventi.
Finita la guerra, presso il Ministero dei Trasporti venne istituito l’Ufficio Ripristino Campane che in collaborazione con la Pontificia Commissione centrale per l’Arte Sacra provvide prima alla restituzione delle campane rimaste integre che si trovavano in giacenza nei depositi di raccolta per un peso totale di 2.022.040 Kg, e poi alle diverse e numerose rifusioni assegnando i lavori alle varie fonderie di campane attive. In totale su tutto il territorio italiano si rifusero 13.605 campane per un peso complessivo di 4.787.000 kg. di bronzo, nella sola diocesi milanese 693 campane per un peso totale di 466.112 kg.
Le parrocchie che provvidero autonomamente a rimpiazzare le campane mancanti ottennero un rimborso in denaro.
E’ importante segnalare che numerose parrocchie approfittarono delle restituzioni per rifondere interamente i concerti o per aumentarli di mole e numero o semplicemente per il desiderio di migliorarne la qualità musicale. Qualità musicale che per verità non sempre fu soddisfatta comportando la perdita del valore storico delle campane precedenti.
Il ritorno delle campane nelle città e nei paesi furono occasioni di grande festa per le comunità che finalmente ritrovavano la loro voce d’eco celeste annunciatrice di pace, di fratellanza e di Fede.
La campana è uno strumento che dà la sua massima espressione suonando in movimento: per questo, nell’arco della storia, il suono delle campane ha subito una profonda evoluzione. Nate come strumenti fissi percossi tramite un battaglio, le campane hanno iniziato a suonare secondo il sistema “a slancio” (il metodo più diffuso nel mondo), che consiste nel loro semplice dondolio caratterizzato dal fatto che il battaglio colpisce il bordo superiore della campana grazie alla forza d’inerzia. In seguito si è assistito, in aree circoscritte, all’introduzione di nuovi e più elaborati sistemi di suono per opera dell’inventiva e del gusto locale, i quali prevedevano rotazioni più ampie o pesanti contrappesi in ausilio allo sforzo fisico dei campanari e permettevano in questo modo di cadenzare le rotazioni a piacimento del suonatore fermando le campane con la bocca all’insù (a bicchiere) e quindi di creare una vera e propria prassi musicale controllandone i rintocchi.
Il sistema di suono ambrosiano nasce, secondo la tradizione, nei primi decenni del XVIII secolo nel territorio milanese, quando si arrivò a montare una ruota al ceppo che permettesse un comodo controllo dell’oscillazione delle campane.
Questo sistema di suono ha assunto il nome dal particolare rito cattolico qui ufficiato ed è conosciuto fuori dalla regione anche col nome di sistema lombardo.
Esso è oggi diffuso in Lombardia (escluse la Valtellina oltre Sondrio, l’alta Valchiavenna ed altre zone di confine con la Svizzera) in Piemonte (escluse alcune zone confinanti con la Francia) e nel Canton Ticino in Svizzera.
In seguito alle esportazioni di campane da parte di ditte lombarde è possibile trovare questo tipo di armatura per campane anche in luoghi del tutto estranei all’area geografica dove viene praticato il suono ambrosiamo propriamente detto, in questo caso le campane si limitano a dondolare senza suonare a bicchiere.
Il termine concerto, oltre al comune significato di “esecuzione musicale”, stà a indicare l’insieme dei bronzi presenti sul campanile tra loro accordati in scala musicale di modo maggiore (es: Do, Re, Mi, Fa, Sol…).
I campanili possono essere dotati di tre, cinque, sei, otto, nove o dieci campane; nella diocesi di Milano il concerto più diffuso è composto da 5 bronzi.
La campana è fissata, leggermente incassata rispetto ai perni di rotazione, ad un ceppo.
Il ceppo un tempo era costriuto in legno con l’aggiunta di un blocco di pietra fissato sulla sommità per accrescerne il peso, dalla seconda metà dell’800 si è diffuso il ceppo in ghisa (il modello più diffuso ha tre bocce sulla sommità).
La forte controbilanciatura del ceppo imprime una rotazione lenta alla campana senza il dispendio di troppa forza fisica da parte del suonatore; una sola persona può suonare senza eccessiva fatica anche bronzi di peso superiore ai 30 - 35 quintali.
I perni del ceppo ruotano per mezzo di cuscinetti a sfera. Anticamente vi erano le bronzine o la “slitta”: i perni rotolavano in un cassetto fissato all’incastellatura avanti e indietro. Per meglio capire, quando la campana suonava, traslava un po’ avanti e un po’ indietro perpendicolarmente ai perni.
A lato del ceppo vi è la ruota dotata di una scanalatura dove scorre la corda di manovra, per quanto riguarda gli impianti totalmente manuali, o la catena del motore, per quelli automatizzati. Nel caso in cui ci sia il “doppio sistema”, ossia automatizzato e manuale, le scanalature sono 2, una per la fune e l’altra per la catena. Per dare stabilità ulteriore alla ruota dei tiranti traversali sono collegati al ceppo.
La campana è assicurata al ceppo con opportune staffe e chiavi imbullonate che vanno ad aggrapparsi nelle asole delle maniglie di sostegno della stessa; tra maniglie e ceppo è inserito un isolatore in legno costituito da una tavola in legno sagomata opportunatamente per accogliere le maniglie. Scopo dell’isolatore è preservare tutte le vibrazioni sonore del bronzo dal contatto diretto con il ceppo che inevitabilmente le smorzerebbe.
All’interno della campana pende il battacchio o battaglio.
Esso è fissato all’asola interna del bronzo con una striscia di cuoio (detta maschereccio) avvolta strettamente con della corda.
Il battaglio è di tipo cadente, ossia, quando la campana è in movimento, colpisce il bronzo sul bordo inferiore della bocca a differenza delle campane a slancio (dette “a sbalzo” o “alla romana”). E’ forgiato in ferro dolce per non logorare eccessivamente la campana.
Il suo peso deve essere calcolato in modo opportuno, in genere è pari al 2% del peso delle campana ed è forgiato in ferro dolce per non logorare eccessivamente la campana.
Importante per la buona resa sonora è l’esatto punto di battuta del battaglio, esso deve colpire la campana appena sopra allo spigolo interno senza strusciare di lato rispetto al suo asse di oscillazione.
Fra gli elementi caratteristici del montaggio a sistema ambrosiano vi sono il fermo fissato alla ruota ed una molla a balestra posizionata sull’incastellatura, grazie ai quali la campana può salire in posizione verticale in uno dei due sensi di rotazione e restarvici a bicchiere in posizione di riposo, senza essere trattenuta con la forza delle braccia.
Una incastellatura completa comprende anche la tastiera per il suono a festa, il suo sistema di trasmissione, chiamato appunto gioco a festa, e i ramponi per bloccare le campane.
Le campane sono a servizio del culto e suonano per convocare il popolo di Dio alle sacre funzioni e alla preghiera. Il loro linguaggio è molto codificato e si è differenziato nel corso dei secoli, al fine di consentire ai fedeli di identificare con precisione ogni momento della vita cristiana grazie ai diversi "segni" che vengono eseguiti.
Prima di entrare nel dettaglio di questi sistemi, è bene specificare che non esiste una regolamentazione ferrea su come si deve suonare: ogni paese ha diverse varianti per numero di campane utilizzate, questo anche per usare un linguaggio chiaro e non confondibile con altre chiese vicine. Oggi, purtroppo, il più delle volte la tradizione di suono tipica dei vari paesi è stata semplificata o cambiata, nonostante tutte le possibilità offerte dalle nuove apparecchiature elettroniche delle ditte di automazione, le quali, per comodità, utilizzano il loro pacchetto base standardizzato, privando così molti paesi dei loro suoni tipici. Sintomo di ciò è l'introduzione del suono a festa per segnalare gli angelus, in genere con un breve motivetto mariano, cosa del tutto avulsa dal suono tradizionale ambrosiano che tradizionalmente prevede il suono a distesa, e lo stravolgimento del suono funebre con la partenza simultanea delle campane, come se si trattasse di un concerto solenne.
Il suono a bicchiere, detto anche "a concerto", è riservato alle solennità più importanti, ma è usato anche, con una modalità ben precisa, per il suono funebre.
Il suono a festa si esegue a campane ferme secondo lo stesso principio del carillon. Le campane vengono percosse internamente con il battaglio che, tramite un meccanismo di tiranti e rinvii (il gioco a festa), è collegato a una tastiera suonabile come una sorta di pianoforte posta nella cella campanaria, oppure con elettromartelli collegati a una centralina elettrica di comando che battono sul bordo esterno della campana, come per il battito delle ore.
Principalmente, a seconda delle varie funzioni che si vogliono segnalare, le usanze sono le seguenti:
Messe feriali: due, tre o più campane del concerto a distesa.
Angelus feriale del mattino, mezzogiorno e sera: una campana a distesa.
Commemorazione della morte di Gesù Cristo: ogni venerdì alle 15:00 una campana a distesa. Nella maggior parte dei luoghi si suona il campanone. Nelle feste o nelle solennità che cadono di venerdì, questo suono è sospeso.
Messe festive: distesa di un numero di campane maggiore rispetto al suono feriale, non necessariamente di tutte, oppure di campane più grosse rispetto a quelle usate per le messe feriali. Nei campanili con più di cinque campane difficilmente viene usata la distesa di tutte le campane, preferendo riservare i bronzi più grossi a un grado di ufficio maggiore.
Angelus festivo: può essere lo stesso dei giorni feriali, oppure può essere differenziato suonando una campana di dimensioni maggiori o più campane.
Agonia: distesa di una campana che viene subito bloccata in modo da fare solo tre rintocchi, che possono essere ripetuti più volte a breve distanza. Il diverso numero dei rintocchi o l'uso di una campana diversa segnala il sesso del defunto.
Purtroppo questo metodo di suono non è più realizzabile con le odierne elettrificazioni ed è stato sostituito in modi diversi, quali il suono di una campana portata a bicchiere per cadenzarne i rintocchi oppure il semplice suono a distesa di una campana se non si desidera differenziare il sesso del defunto.
Messe solenni: concerto a bicchiere con tutte le campane di cui dispone il campanile.
E' possibile differenziare il grado di importanza delle messe riservando il concerto solenne alla celebrazione principale e usando la distesa per le altre messe o, nel caso si disponesse di un numero cospicuo di campane, suonando il concerto solenne con un numero minore di bronzi. Un'ulteriore differenzazione si può ottenere con una durata differente del segno.
Lodi, vespri, adorazioni eucaristiche, dottrina e confessioni: possono essere annunciati con il suono di una o più campane a distesa a seconda dell'importanza nella data di calendario. Nel caso delle confessioni è d'uso suonare ogni mezz'ora per tutta la durata delle confessioni.
Battesimi: a seconda dei luoghi, possono essere annunciati col suono a festa, con una distesa simile a quella per la messa festiva o con il concerto solenne.
Matrimoni: distesa simile alla messa festiva o concerto solenne. Tradizionalmente in alcuni luoghi si suona anche la sera precedente la funzione.
Funerali: concerto da morto. Il concerto da morto si suona non necessariamente con tutte le campane. Esse vengono fatte salire a bicchiere, una alla volta, avendo cura di tenere una pausa di silenzio tra una campana e l'altra, dando così un lento senso di mestizia. Una volta che le campane sono tutte a bicchiere vengono fatte scendere singolarmente o a coppie, cadenzando ogni sequenza con una pausa di silenzio.
In alcuni luoghi è uso suonare il segno del funerale anche il giorno precedente le esequie.
In occasione della morte di prelati e per le messe di commemorazione dei defunti del 2 novembre si suonano tutte le campane a concerto da morto.
Benedizione Eucaristica: suono a distesa della campana maggiore.
Il suono a festa, realizzato tramite la tastiera nella cella campanaria o con i moderni elettromartelli, non è usato prettamente per annunciare una funzione liturgica.
Veniva utilizzato in genere per creare un clima festoso il giorno precedente alla solennità.
In diversi luoghi, in occasione della festa patronale, il suono a festa precedeva per tutta la novena il suono dell'Angelus serale. Era utilizzato anche in occasione delle prime Comunioni o delle S. Cresime ed in altri momenti di giubilo collettivo, ma sempre al di fuori delle funzioni liturgiche.
Il repertorio è sia religioso che profano.
Oggi, con i sistemi di automazione, può precedere il concerto solenne.
Il concerto solenne è ciò che più caratterizza il suono ambrosiano.
Come già visto, si esegue con le campane portate con la bocca all'insù facendo ricadere i bronzi in modo cadenzato, andando a comporre un intreccio voluto di sequenze di rintocchi.
Le sequenze basilari del suono ambrosiano si possono sintetizzare in Dritto, Rovescio e loro combinazioni parziali.
Nello schema sottostante è rappresentato il risultato sonoro per 5 campane. Il secondo rintocco è indicato con un asterisco.
Non è possibile indicare il nome proprio di ogni singola sequenza di suono, il giro, perchè ogni campanile e squadra di campanari ha coniato termini diversi per identificarle, lo stesso vale per il dritto e il rovescio che sono solo termini convenzionali usati qui per maggior semplicità.
In alcuni luoghi, specialmente del territorio della Brianza, è d'uso concatenare le varie sequenze tra di loro andando a comporre dei giri più lunghi e dalla più complessa tessitura compositiva.
Alcune località della Brianza orientale, del Varesotto e del Canton Ticino utilizzano una scala dritta diversa che comporta il far "spaccare" i rintocchi simultanei di due campane in accordo musicale di terza, ottenendo il seguente risultato:
Oltre a questo va ricordato il servizio pubblico dei rintocchi che scandiscono le ore. Tutt'oggi, in molti paesi, l'orologio del campanile è di proprietà comunale.
Il suono delle campane ha avuto in passato anche valenza civile. I rintocchi di una campana potevano segnalare l'arrivo dell'esattore delle tasse, l'inizio della scuola o le riunioni delle assemblee comunali. Il suono "a martello", una successione di rapidi rintocchi di una campana per mezzo di un martello simile a quello del battito delle ore, era un segnale d'allarme per incendi o calamità.
Vale la pena citare anche il suono a "rumm" per scacciare le tempeste, con la distesa di una o più campane. Il termine deriva dal rumore del tuono.